Santo Stefano di Bulciago
Cenni storici
Ancor prima delle carte sono le pietre dell’architettura della chiesa di Santo Stefano di Bulciaghetto a parlare metaforicamente. Infatti, gli storici dell’arte individuano nell’edificio «strutture databili tra il tardo VIII secolo e il IX, ancora nella sostanza valutabili, nonostante gli interventi effettuati nel 1936, quando la chiesa è stata sopraelevata e in parte rimaneggiata». Di fronte a un parere così autorevole non abbiamo tema di smentita a qualificare il luogo di culto tra i più antichi della pieve di San Vittore di Missaglia, tra i pochi ascrivibili a prima del Mille.
La chiesa di Santo Stefano è richiamata in un atto del 10 febbraio 1215, presenza confermata poi in altri documenti appartenenti alla canonica monzese, mentre è assente dai più noti cataloghi ecclesiastici diocesani di fine secolo XIII, del 1398 e del 1564, perché evidentemente non diventa centro dell’azione liturgica per la comunità di Bulciaghetto, che si riferisce invece alla chiesa di San Giovanni Evangelista di Bulciago.
Il primo delegato di San Carlo il 26 ottobre 1567, quando raggiunge la chiesa di Santo Stefano di Bulciaghetto si trova di fronte un edificio isolato in mezzo ai campi, aperto, privo di pavimento, coperto con sole tegole, nel quale è presente un altare. In mancanza però del decoro richiesto ordina l’immediata chiusura, confermando il divieto della celebrazione già in vigore per un decreto emesso ancor prima del Concilio.
Il primo delegato di San Carlo il 26 ottobre 1567, quando raggiunge la chiesa di Santo Stefano di Bulciaghetto si trova di fronte un edificio isolato in mezzo ai campi, aperto, privo di pavimento, coperto con sole tegole, nel quale è presente un altare. In mancanza però del decoro richiesto ordina l’immediata chiusura, confermando il divieto della celebrazione già in vigore per un decreto emesso ancor prima del Concilio.
Nella sua visita personale il 20 agosto 1571 San Carlo fornisce qualche dettaglio in più. L’altare maggiore è quasi distrutto, privo di qualsiasi ornamento, dell’ancona. Nella parete retrostante sono visibili alcune antiche pitture consunte dal tempo e un crocifisso di pessima fattura. La cappella non è a volta, coperta dal soffitto realizzato con laterizi. Il pavimento è rotto in ogni parte. A sinistra dell’altare c’è una finestra senza tela. A destra dell’altare c’è l’impronta di una porta che consentiva di accedere al terreno confinante.
All’esterno della cappella maggiore c’è un secondo altare aderente alla parete, rivolto verso occidente, stretto e profondo, privo di ornamenti e non si può ampliare perché attiguo al muro settentrionale. Nell’altro lato di sinistra, sempre all’esterno della cappella maggiore, c’è una porta che si tiene chiusa.
Il tetto della chiesa non è soffittato, quindi piove all’interno. Il pavimento è rotto. Oltre alla porta maggiore c’è una seconda porta laterale. Il vaso dell’acqua santa è indecente. Non c’è la sagrestia, né la campana.
Le condizioni dell’oratorio di Santo Stefano rimangono invariate nei decenni successivi: il 19 luglio 1602 l’altare è in frantumi e privo di qualsiasi ornamento, la cappella è di forma quadrata; l’oratorio è sufficientemente ampio, coperto con lastre di pietra, le pareti sono grezze e il pavimento sconnesso.
Federico Borromeo invece rileva qualche miglioramento il 16 luglio 1611: l’oratorio dispone di un altare regolare non consacrato, privo di icona, collocato all’interno di una cappella di forma quadrata senza alcuna pittura con pavimento piano in cemento regolare, pulito. La chiesa non è consacrata, rivolta verso oriente, consta di una sola navata. Il pavimento è realizzato in cemento, piano e pulito. Le pareti sono imbiancate, il tetto è ricoperto con tegole. Una sola porta nel frontespizio, così come una sola finestra priva di panno.
Il luogo di culto è sottoposto a un notevole intervento di restauro nel 1746, sostenuto economicamente dalla comunità e dalla Confraternita del Santissimo Sacramento di Bulciago, rilevato e descritto dall’arcivescovo Pozzobonelli nella visita del 1757.
Consta di una sola navata lunga – esclusa la cappella – 5,82 metri, larga 5,11 metri e alta 5,82 metri. Il tetto interno è realizzato in cemento, privo di pitture o di altro ornamento. Il pavimento è ricoperto in laterizi. In esso non c’è alcun sepolcro. La cappella al termine della navata è costruita rivolta verso oriente, sollevata di due gradini rispetto al pavimento della chiesa. L’altare è aderente alla parete. L’icona è inclusa in un motivo ornamentale plastico e in essa è rappresentato su tela Gesù Cristo, sua Madre e Santo Stefano orante. Manca la sacrestia, perciò la suppellettile sacra si conserva in un armadio.
Nel 1896 nei pressi del sagrato sono emerse due tombe longobarde affiancate contenenti interessanti reperti: cuspide di lancia, fibbia in ferro, borchia in bronzo e frammento di imbracciatura di scudo.