San Francesco di Campolasco in Bulciago
Cenni storici
Oggi l’oratorio di San Francesco situato nella località di Campolasco sembra una cattedrale nel deserto, perché sorge ai margini dell’abitato dal quale è completamente avulso nell’evidente contrasto architettonico con le quattro villette a schiera poste sul versante meridionale, mentre nell’area retrostante lo sguardo si dilata sulla distesa di prati digradanti verso le pendici collinari.
Contesto alterato nel corso dei secoli, perché nei primi decenni del Seicento non lontano dal luogo di culto c’era l’abitato rurale di Camlasco. Al riguardo scrive l’estensore del Liber Chronicus di tale nucleo: «credesi appartenesse anticamente ad una Congregazione di Religiosi; la tradizione infatti, e la costruzione del caseggiato, ora ad uso d’abitazione colonica fanno credere vi fosse anticamente un convento di Frati», ipotesi però che non è comprovata da alcun documento.
Sempre lo stesso autore, nelle pagine dedicate alla descrizione delle frazioni, annota: «Berrio dove credesi vi fosse anticamente una congregazione di monache, e conta 74 abitanti; Campolasco che conta 144 abitanti»! La memoria storica di fine Ottocento e inizio Novecento presenta dunque contorni assai sbiaditi in merito alla presenza di una comunità religiosa in ambito parrocchiale nel corso dei secoli, ma soprattutto non trova eco alcuno tra istituti maschili o femminili nel recente o remoto passato, ancor più nelle attestazioni documentarie.
Dallo Status animarum compilato il 28 maggio 1597 i fedeli di Camlasco appartenente alla cura di San Giovanni Evangelista di Bulciago sono 43, suddivisi in quattro grandi nuclei patriarcali. Il secondo per numero di componenti è quello del Sig. Giovanni Antonio Beretta di 41 anni, sposato con la Sig.ra Lauretta di anni 34. La coppia ha quattro figli più una illegittima, un nipote diciasettenne e cinque servi: in totale quindi tredici persone. Una famiglia dunque benestante che ha un figlio di 9 anni di nome Agostino: età confermata dal Registro dei Battesimi di Bulciago (1572-1592) in data 22 luglio 1588.
Agostino Beretta dette le sue ultime volontà testamentarie nel giorno di domenica 28 dicembre 1625: in effetti, nel documento risulta l’anno 1626, perché alcuni notai dopo il genetliaco di Nostro Signore Gesù Cristo del 25 dicembre, con il quale giuridicamente terminava l’anno, nei giorni successivi fino allo spirare del 31 dello stesso mese, apponevano già il nuovo anno. Lo fa in Cizanore – Zizzanorre, località del comune di Cassago nella pieve di Missaglia –, e le sue disposizioni sono recepite e rogate dal notaio di Milano Simone Meda, figlio del fu Donato, abitante nel luogo di Cremella, pieve di Missaglia, ducato di Milano.
Il testatore, che muore verosimilmente nel 1625 all’età di 38 anni, dispone innanzitutto alcuni legati, quindi impone all’erede universale sua madre, Lorella Locatelli, essendo egli celibe e senza figli naturali, la costruzione di una chiesa nei pressi della Cascina Camlasca, comune di Bulciago, pieve di Missaglia, da elevare nell’arco di un triennio dopo la sua morte, da dedicare ai Santi Francesco e Carlo per la gloria di Dio e della Vergine Santissima, vincolando un importo complessivo di 200 scudi, affinché in essa si celebri una Santa Messa settimanale in perpetuo da un cappellano eletto dalla madre e in futuro dai suoi eredi come stabilito nel testamento, unitamente ad altri divini uffici a rimedio dell’anima sua.
L’erede inoltra la supplica alle autorità curiali che conferiscono al visitatore regionale Mario Antonino l’incarico di verificare l’esistenza del testamento. Risale al 30 aprile 1626 la relazione favorevole dalla quale risulta che è già stato redatto il disegno da parte del perito e il visitatore Mario Antonino rilascia la sua autorizzazione.
Nella pratica che si conserva nell’Archivio Storico Diocesano, Fondo Spedizioni Diverse, è depositato una planimetria del luogo di culto che si intende costruire, così descritto dallo storico dell’arte Gian Battista Maderna: «Disegno mm. 294 x 264, disegnato su carta filigranata inchiostro ad acquerello color seppia. Scala di 10 braccia milanesi. Iconografia raffigurante un edificio ad aula rettangolare con cappella maggiore quadrata. La sacrestia comunica con questa mediante una porta sul lato dell’Epistola, è dotata di due finestre e risulta suddivisa in tre zone: la sacrestia vera e propria, il campanile, l’«oratizio» [orofisio], piccolo luogo, destinato, forse, alla preghiera. In facciata vi sono due nicchie ai lati dell’ingresso. Dimensioni rilevate: braccia 18 x 8 once 8 [10,62 x 5,11 metri]».
Per quanto riguarda il termine che noi interpretiamo come orofisio, riteniamo possa trattarsi di un piccolo pertugio profondo circa 1,2 metri, larga 0,8 metri e alta x,xx metri, funzionale al deposito di suppellettile o apparati per le celebrazioni, più che spazio riservato alla preghiera, inadeguato a ospitare anche una sola persona.
Appartengono alla pratica la supplica – priva di data – con la richiesta di benedizione per la chiesa di San Francesco, la cui costruzione è patrocinata da Lauretta Locatelli. Il 16 novembre 1627 il Vicario Generale della diocesi ambrosiana Marzio Polito, incarica del sopralluogo il vicario foraneo di Missaglia Giuseppe Gorino. La relazione favorevole è stesa il 1° dicembre 1627, segue l’autorizzazione del Vicario Generala Marzio Polito rilasciata il 9 dicembre 1627. Il giorno immediatamente successivo 10 dicembre 1627 il notaio Giacomo Antonio Cerruti redige l’atto notarile di dotazione dell’oratorio, quindi il giorno 11 dicembre 1627 il Vicario Generale della diocesi ambrosiana autorizza la benedizione.
In occasione della visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli l’oratorio è di giuspatronato della famiglia Vimercati e dista dalla chiesa parrocchiale circa 1.000 passi (1.479 metri). Dispone di una sola navata, lunga quasi 20 cubiti (8,52 metri, esclusa verosimilmente la cappella), alta 16 (6,81 metri), larga 13 cubiti e 8 once (5,82 metri): misure parzialmente corrispondenti alle precedenti. Copertura costruita a forma di volta con decorazioni plastiche zoofore: vale a dire ornati con figure in rilievo nell’ordine ionico, situati tra l’architrave e la cornice. Il pavimento è ricoperto con laterizi ed è ovunque piano. Una sola cappella sollevata di un gradino rispetto alla navata. L’icona è costituita da una tavola nella quale sono rappresentate le immagini della Beata Vergine Maria con il piccolo Gesù Bambino e i santi Francesco e Domenico, contornata da una cornice assai elegante. La sagrestia è aderente alla cappella sul versante settentrionale e sufficientemente ampia in rapporto alla dimensione della chiesa.
Qui è attivo un legato per la celebrazione di 190 Messe annuali e si espongono al culto pubblico le reliquie: particella di osso di San Tommaso, Sant’Antonio Abate, Santa Francesca Romana e un frammento della tunica di San Francesco d’Assisi.