Oratorio Santi Giovanni e Paolo di Verdegò
Aspetto artistico e architettonico
Nel testamento redatto il 7 gennaio 1721, Giovanni Antonio Viganò vincola un cospicuo patrimonio fondiario per la costruzione e manutenzione dell’oratorio dei Santi Giovanni e Paolo, da lui fatto costruire in Verdegò, e impone agli eredi di realizzare anche il coro qualora non fosse ancora eretto all’atto del suo trapasso, come infatti avviene.
La descrizione dell’oratorio ricostruito è contenuta negli atti di visita dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli, effettuata il 3 giugno 1757. Egli conferma la costruzione molto antica e la conseguente necessita di rinnovarla da parte Giovanni Antonio Viganò di Verdegò nel 1720. Consta di una sola navata lunga 7,75 metri – meno rispetto al disegno, che probabilmente si riferisce alla dimensione totale, compreso quindi presbiterio e coro – e larga 4,56 metri, coperta dalla volta e pavimentata con pietre lavorate. La cappella è rivolta verso oriente e sull’altare è disposto un quadro con l’immagine di Gesù Crocifisso, i Santi Giovanni e Paolo e le anime purganti. Alla sommità delle pareti dell’oratorio c’è la campanella sorretta da pilastri per annunciare le funzioni religiose. Non lontano dalla facciata dell’oratorio c’è il cimitero cintato, che si ritiene utilizzato durante la peste.
Il luogo di culto attuale, dopo la ristrutturazione effettuata a metà degli anni Novanta adeguandolo alle disposizioni conciliari, è tornato ad accogliere periodicamente l’ufficiatura con la celebrazione di una Santa Messa settimanale e solennizzata la festa liturgica dei Santi Giovanni e Paolo di fine giugno, riproponendo allo stesso tempo la festa paesana che regista sempre una larga partecipazione di popolo.
L’edificio, situato sul culmine della collina, è esterno all’abitato procedendo verso oriente e sorge sul margine dell’antica carrareccia. La facciata è inquadrata da due lesene laterali concluse dal timpano del tetto a capanna con oculo alla sommità. Al centro il portale con profilo lineare e l’architrave ingentilito da riccioli appena accennati, mentre alla base del timpano è presente un’ampia finestra. A sinistra dell’ingresso la nicchia contenente le ossa provenienti dall’area cimiteriale che si estendeva innanzi alla facciata e sul fianco meridionale del luogo di culto, delimitata da uno spesso muro perimetrale; è chiusa da una lastra di vetro e grata di ferro con i simboli della morte, ovvero teschio e ossa.
Il sagrato dell’oratorio è accessibile dalla strada mediante alcuni gradini e, sempre dalla carrareccia, è evidente la successiva aggiunta del coro verso oriente, distinta dall’aula da blocchi di granito sovrapposti che richiamano l’impostazione della facciata. A meridione il locale adibito a sagrestia con accesso esterno, di fianco al quale oggi è presente – alla destra di chi entra – un masso avello rinvenuto nel 1997 durante l’esecuzione di scavi nell’area circostante il luogo di culto.
L’interno, ampiamente restaurato a metà degli anni Novanta, è caratterizzato dall’unica navata che precede il presbiterio. A sinistra dell’ingresso pende la fune per il suono dell’unica campanella, situata nella cella campanaria della piccola e breve torre che sporge dal tetto.
Il vano del presbiterio è separato dalla navata da una artistica balaustra in pietra tenera finemente lavorata con volute e motivi ornamentali floreali. Sopra il più antico altare la pala della Crocifissione con i santi martiri titolari dell’oratorio Giovanni e Paolo e le Anime purganti (220×156 cm).
A lato del dossale due aperture immettono nel locale retrostante, dove un tempo convenivano gli affiliati della Confraternita della Buona Morte. I confratelli partecipavano alle celebrazioni liturgiche isolati dal resto dell’assemblea, guardando il celebrante solo attraverso due finestrelle con grata, aperte e visibili ancora oggi ai lati dell’altare.
Confraternita della Buona Morte
La memoria storica che il sagrato dell’oratorio dei Santi Giovanni e Paolo di Verdegò, delimitato dallo spesso muro è stato nei secoli impiegato per la sepoltura dei corpi degli appestati, ha contribuito al sorgere di un sodalizio che perpetuasse la pietà dei fedeli nei confronti della anime dei defunti dopo la costruzione settecentesca, ossia la Confraternita della Buona Morte. Alla supplica della comunità di Barzago, sottoscritta da curato Giovanni Battista Negri inoltrata alla Curia di Milano, l’arcivescovo Benedetto Erba Odescalchi rilascia il suo assenzo il 21 novembre 1733, mentre l’anno successivo, il 17 maggio 1734 è affiliata alla Confraternita centrale con sede in Roma, vivente ancora il benefattore dell’oratorio Giovanni Antonio Viganò che morirà il 10 settembre 1734.
Lo scopo del sodalizio è quello di promuovere pratiche religiose e devozionali nei confronti di una morte santa, come prescritto negli Statuti dati alle stampe nel 1610. La Confraternita è strutturata secondo un gerarchia istituzionale ben definita con incarichi elettivi periodicamente rinnovabili. I confratelli sono tenuti alla visita degli infermi, ad assistere i moribondi, a partecipare ai funerali, a pregare per le anime dei defunti. Indossano la propria divisa caratterizzata da un sacco di tela nera senza alcun ricamo, cinto da un cordone. Dispongono di una propria sede nell’oratorio dei Santi Giovanni e Paolo di Verdegò dietro l’altare e vantano un posto privilegiato anche quando sono presenti alle funzioni celebrate nella chiesa parrocchiale.
La Confraternita della Buona Morte di Verdegò nel 1742 aggrega circa 48 confratelli non solo di Barzago, ma appartenenti anche alle località e parrocchie del circondario: Cremella, Sirtori, Barzanò e San Feriolo e dispongono di un proprio cappellano. Ma la convivenza con la parrocchia di San Bartolomeo di Barzago è costellata di continui dissidi e controversie, che sembrano in parte stemperati nella visita del 3 giugno 1757. L’arcivescovo Pozzobonelli scrive negli atti che si radunano nei giorni festivi per la recita dell’Ufficio dei defunti e sono ammessi per iniziativa e consenso del parroco. Il sodalizio è definitivamente soppresso il 31 ottobre 1787 con decreto di Giuseppe II, operazione condotta su larga scala dagli amministratori del tempo, finalizzata a incamerare beni e privilegi ecclesiastici in genere.
Nel corso del tempo la confraternita di Verdegò ha accumulato un patrimonio artistico di notevole pregio, buna parte del quale è andato purtroppo disperso. Ciò che si è salvato è tuttora conservato nella chiesa invernala contigua alla parrocchiale: Morte del giusto (165×150 cm) e la Deposizione dalla croce (160×236 cm); inoltre una quattrocentesca statua lignea della Madonna da vestire (alta 96 cm), rinvenuta nel 1987 in un mobile della sagrestia dell’oratorio di Verdegò, probabilmente proveniente dalla parrocchiale, in seguito restaurata e riportata all’antico splendore nel 2010.
Bibliografia essenziale: N. PEREGO, Verdegò. Sulla sommità della collina, Barzago 2012, 186. I. ALLEGRI, San Bartolomeo di Barzago – Dalle origini all’Ottocento, Barzago 1999, p. 271. N. PEREGO, L’oratorio dei Santi Martiri Giovanni e Paolo di Verdegò, parrocchia di Barzago e la Confraternita della Buona Morte, in Archivi di Lecco n. 2, Lecco 1988.