COMUNITÁ PASTORALE MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI

Comunità Pastorale

Maria Regina

degli Apostoli

Barzago

Bevera

Bulciago

La parola del parroco

Ciò che il Signore ci chiede

La nostra pastorale, a partire dall’Iniziazione cristiana e poi, in particolare, con la fascia d’età dei preadolescenti e degli adolescenti, si costruisce tenendo innanzitutto in equilibrio le quattro dimensioni della vita cristiana: il vissuto dei ragazzi, l’ascolto della Parola di Dio, la vita sacramentale e di preghiera, la dimensione comunitaria e fraterna.”

Queste parole scritte da don Stefano Guidi, direttore della Federazione degli Oratori Milanesi, le sento molto vere e intense in riferimento alle generazioni più giovani della nostra realtà, ma – riflettendo con più attenzione su di esse e guardando alle quattro dimensioni della vita Cristiana – credo che possano essere il veicolo adeguato per poter rileggere l’inizio di questo anno pastorale di tutta la comunità nella sua interezza. Partendo da esse vorrei condividere con voi alcuni semplici pensieri.

Il vissuto


Ciascuno di noi vive situazioni diverse, le più disparate. Ogni vita ha il suo valore, ma ogni vita ha anche, come tutti noi sappiamo, le sue difficoltà. Ricordo ancora le parole di Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, quando, davanti a due milioni di giovani, radunati a Roma per la Giornata Mondiale della Gioventù invitò ciascuno dei presenti a prendere in mano la propria vita e a farne un capolavoro. E ancora, citando santa Caterina da Siena, disse così: “Se sarete quello che dovete essere, porterete fuoco in tutto il mondo”. Dio non ci chiede cose straordinarie e disumane, ma semmai di prenderci cura di noi, della nostra quotidianità custodendo il fuoco dello stupore per le piccole cose. Ad accendere il mondo non saranno infatti i grandi incendi, ma le piccole fiammelle delle nostre fedeltà quotidiane vivendo in pieno quello a cui siamo chiamati.

L’ascolto della Parola di Dio


Dio parla, in tanti modi. Attraverso la sua Parola rivelata, la Sacra Scrittura, la Liturgia, la comunità. Ma Dio ci parla anche nell’intimo del nostro cuore, nella nostra coscienza. Per mezzo della bellezza del mondo che ci circonda Dio si comunica a noi. Attraverso le cose belle o difficili della vita Dio si fa sentire. Le persone che ci vogliono bene e anche quelle più complicate che conosciamo, sono la sua voce per noi. Se lo si vuole ascoltare, Dio non tace mai. Ma ascoltare la sua parola poi concretamente cosa vuol dire? Un prete che ho conosciuto qualche anno fa mi disse così: “Tutto ciò che è veramente umano, è profondamente divino”. Dio non ci chiede altro se non di cercare di vivere in pienezza amore, rispetto, attenzione, disponibilità, sincerità, bontà, pazienza, empatia, stupore, vicinanza, solidarietà, perdono… tutti atteggiamenti che sono puramente umani e che custodiscono, se ce ne accorgiamo con attenzione, un tratto pienamente evangelico, oserei dire profondamente divino.

La vita sacramentale e la preghiera


La vita sacramentale, in particolare attraverso la partecipazione all’Eucaristia della domenica, dovrebbe alimentare la nostra vita cristiana.
Se non vi partecipiamo perdiamo nutrimento e forze per affrontare il nostro cammino. Che bello sarebbe passare finalmente da una celebrazione di cui si sente l’obbligo, la pesantezza, il poco coinvolgimento, ad un vivere la Messa invece lasciandosi coinvolgere con tutti i nostri sensi. Nella celebrazione infatti è coinvolta la vista: non solo vedere una Chiesa bella e in ordine aiuta, ma anche per mezzo dei colori liturgici diversi, delle luci, delle candele, dei fiori si vive la relazione con il Signore. Gustare il bello facilita l’innalzare l’anima a Dio. Anche l’odorato ne è coinvolto. L’incenso è un profumo che sale al cielo, segno della nostra preghiera che Dio accoglie, ma è anche un richiamo al fatto che la nostra preghiera profumi la nostra vita. L’udito inoltre ha la sua parte. Ascoltare le parti che recita il sacerdote o la coralità di un salmo o di un bel canto, prestare attenzione alla voce del lettore, vivere il silenzio, nutre la nostra preghiera. Il tatto esiste nella nostra liturgia, quando ci alziamo, ci sediamo, ci mettiamo in ginocchio, quando diamo il segno della pace, tutto coinvolge la nostra persona e il nostro corpo. Per il gusto, abbiamo addirittura un Dio che si fa mangiare. Che bello potersi lasciarsi attrarre così in tutto dalla celebrazione, ne usciremmo rinnovati provando non solo con il corpo o con la testa, ma anche con tutto il cuore
la straordinarietà dell’incontro con Dio Padre, nel suo Figlio Gesù, grazie al dono dello Spirito Santo.

La dimensione comunitaria e fraterna


In Africa si dice che per crescere ed educare un bambino non bastano due genitori, ma ci vuole un villaggio. Che grazia poter vivere così l’essere comunità.
Tutti per crescere abbiamo bisogno dei grandi, dei piccoli, dei coetanei. Tutti abbiamo da imparare da ciascun membro della nostra realtà e tutti hanno qualcosa da insegnare agli altri.
In una comunità le relazioni non devono essere solo tra pari, ma trasversali: anche se di età diverse ognuno può fare per il bene dell’altro. I piccoli ci insegnano con la loro spontaneità, gli adolescenti con la loro simpatia, i giovani con le loro domande, gli adulti con le loro convinzioni, gli anziani con la loro saggezza e i malati con le loro esigenze che invocano la nostra disponibilità e il nostro aiuto.
Cercare di vivere al meglio il dono della vita, ascoltare Dio che ci parla in molti modi, incontrare il Signore in pienezza lasciandoci coinvolgere nella celebrazione dei sacramenti mai da soli ma inseriti in una comunità che sentiamo davvero come nostra famiglia, non è uno slogan ma lo stile da assumere in ogni “inizio” come quello che ci apprestiamo a vivere assieme.
Potrebbe anche apparire come un sogno, ma è ciò che ridesta la nostra speranza e che il Signore in fin dei conti ci chiede!

Don Giovanni